Oscar 2017, il triste “trionfo” della politica sul cinema in un’America confusa

Oscar 2017

È vero, credetemi è accaduto… e non è l’inizio di “Meraviglioso” di Domenico Modugno, ma quello di una delle delusioni più grosse a memoria di cinefilo, di una Notte degli Oscar che passerà alla storia non per aver celebrato il Cinema come merita ma per come la politica si è imposta sulla qualità delle opere, sul giudizio tecnico, sulla cifra narrativa dei film candidati alla statuetta più ambita.

Partiamo dalla fine

Ore 6:10 italiane, circa. Sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles, dopo quasi quattro ore di cerimonia, entrano Faye Dunaway e Warren Beatty (che furono i Bonnie e Clyde del Gangster Story di Arthur Penn, 1967) per annunciare il vincitore dell’Oscar 2017 per il Miglior Film. Dopo un tentennamento, Beatty si rivolge alla Dunaway che esclama «La La Land!». Sul palco giungono i realizzatori del capolavoro di Damien Chazelle (già premiato per la Miglior Regia) e il cast, ma mentre vanno coi ringraziamenti, c’è brusio in platea e dietro di loro. Il conduttore della serata Jimmy Kimmel è anch’egli interdetto, appare intanto una seconda busta, e Jordan Horowitz, produttore del film candidato a 14 statuette, dice, sconsolato ma con ammirevole compostezza: «This isn’t a joke. The Best Pictures is Moonlight». Insomma Beatty e la Dunaway si sono sbagliati, la busta che hanno letto era quella sbagliata, la busta corretta è sbucata da non si sa dove e non si sa come, è un mistero che risolvere con un difetto di organizzazione – per una macchina oliata come quella degli Oscar – è fin troppo semplicistico. La figuraccia internazionale è servita e la ferita inferta a tutti i sostenitori di La La Land – compreso che vi scrive – e a tutti i folli e i sognatori che avevano sperato per il film un notte da ricordare è troppo profonda da rimarginare con un “abbiamo sbagliato”. No, non si fa così. E lo dico non solo perché da appassionato di cinema e da innamorato dell’opera di Chazelle non ho ancora accettato il verdetto – non sono i premi a determinare la qualità di un film – ma, come dire, sarebbe stata la giusta ciliegina su una torta colorata come il cielo di Los Angeles e gli abiti di Mia/Emma Stone. E, inoltre, come ho anche scritto nella mia recensione, La La Land è un’opera che non è soltanto la miglior espressione di cinema vista nell’ultima stagione ma anche una pellicola che resterà negli annali del grande schermo per cifra tecnica e narrativa; così come resterà Arrival, altro snobbato illustre (e unica alternativa possibile) ma che esce solo con un’Oscar per il Miglior montaggio sonoro (categoria nella quale era candidato anche Sully di Clint Eastwood). Insomma un pasticcio su tutta la linea salvato in parte solo dagli Oscar per Casey Affleck (Miglior attore protagonista) e per Kenneth Lonergan (Miglior sceneggiatura originale) per Manchester by the sea e dagli Oscar per Viola Davis e Mahershala Ali, Migliori interpreti non protagonisti per Barriere e Moonlight.

Viola Davis e Mark Rylance

Da Trump a Moonlight

Proprio il film di Barry Jenkins ha ottenuto le tre statuette più discusse: per Ali, ma soprattutto Miglior Film, come dicevamo in precedenza, ma anche Miglior sceneggiatura non originale (dello stesso Jenkins). Naturalmente io ho una mia idea ben precisa e non intende essere una verità assoluta: ma questo è tutt’altro che un grande film. È semplicemente un racconto di formazione che parla di discriminazione razziale, violenza, disagio sociale e amore. Con una delicatezza evidente – merito della regia – ma anche con poca uniformità in fase di scrittura. La prima parte del film è interessante; ma la seconda e la terza parte, col protagonista che dall’infanzia passa all’adolescenza e poi all’età adulta, perdono in efficacia e scorrono molto lentamente, mostrando un’indecisione di fondo e indugiando troppo su un’ambiguità irrisolta. Qualcuno potrebbe obiettare che le qualità del film non stanno lì, quanto sul significato: ma un premio cinematografico deve guardare solo a questo o soprattutto alla meritocrazia e alla sostanza? E arriviamo alla base di partenza con la quale i membri dell’Academy hanno assegnato gli Oscar quest’anno e si è anche svolta la cerimonia, condotta da Kimmel.

Il conduttore televisivo e comico statunitense e gli autori che lo hanno sostenuto hanno battuto su un solo tasto, dal monologo iniziale ai momenti successivi, e fino al termine: la satira sferzante contro il presidente Trump. La cui inadeguatezza politica è fin troppo evidente e la cui vittoria alle recente elezioni ha rappresentato un passo indietro enorme per gli Stati Uniti. Ma sulle ragioni che hanno portato al suo successo vi sarebbe ancora molto da dire e non è questa la sede opportuna; quello che possiamo affermare è… non potevate pensarci prima? Se ha vinto è perché l’alternativa politica non ha saputo proporre di meglio e l’avanzata populista in Europa è giunta pure oltreoceano, soprattutto quando non arrivano le risposte adeguate da chi invece deve difendere i valori di democrazia, pace, uguaglianza. Il grido lanciato dal Dolby Theatre è apparso dunque fuori tempo massimo, e i richiami doverosi fatti da molti dei presenters, dallo stesso Kimmel e da Asghar Farhadi, attraverso una lettera inviata all’Academy – il vincitore per il Miglior Film straniero, iraniano, non ha potuto presenziare per via dei blocchi imposti da Trump nei confronti dei cittadini di molti Paesi mediorientali – sono stati comprensibili ma alla lunga hanno appesantito la serata e hanno appiattito lo spettacolo (che si è illuminato veramente solo durante l’esibizione di John Legend e con l’ingresso di Michael J. Fox, insieme a Seth Rogen). Non si è trovata una misura, insomma. Di certo non l’ha trovata neppure l’Academy, che ha politicizzato tutti i premi ove fosse possibile e preferendo come Miglior Film un’opera affatto indimenticabile. E non vale neppure la considerazione che chi non è americano non possa comprendere le tematiche di Moonlight, poiché non è affatto così e anzi, sono importanti e meritevoli: ma parliamo di cinema, e la tematica non basta. Così come la stucchevole polemica di #OscarSoWhite e #OscarSoBlack appare, oggi più che mai, risibile e fuori luogo.

John Legend

Ma è ancora tempo per i sognatori

La La Land porta dunque a casa 6 statuette: Miglior Regia (Damien Chazelle), Miglior Fotografia (Linus Sandgren), Miglior Scenografia (David Wasco e Sandy Reynolds-Wasco), Miglior Colonna Sonora (Justin Hurwitz), Miglior Canzone originale (“City of Stars”, preferita ad “Audition”) e Miglior Attrice protagonista, una Emma Stone emozionata e bellissima sul palco. Ma gli Oscar mancati sono tanti e pesano più di tutti il montaggio di Tom Cross (a proposito, da leggere il commento di Gianni Canova a questo link, che sottoscrivo in pieno), i costumi di Mary Zophres (preferiti quelli di Coleen Atwood per Animali fantastici e dove trovarli), e dispiace anche per Ryan Gosling, nonostante avesse poche possibilità contro un Affleck notevole. Ma la mancata vittoria per la Sceneggiatura originale, e soprattutto per il Miglior Film, sono due torti dai quali l’Academy non riuscirà mai a farsi perdonare. La La Land, però, resterà nei nostri pensieri e dentro l’animo di chi lo ha amato, per sempre. Il premio Oscar del pubblico è, naturalmente, il più importante.

Emma Stone e Leonardo DiCaprio
Justin Hurwitz, Justin Paul e Benj Pasek

Andiamo dunque nuovamente al riepilogo dei premi assegnati, mentre vi ricordo che, dopo la lunga notte con aggiornamenti e immagini, sulla nostra Pagina torneremo presto sull’evento con nuove foto dei protagonisti.

89° Academy Awards, i vincitori

MIGLIOR FILM
Moonlight

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Casey Affleck per Manchester by the sea 

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
Emma Stone per La La Land

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Mahershala Ali per Moonlight

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Viola Davis per Barriere (Fences)

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Kenneth Lonergan per Manchester by the sea

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Barry Jenkins per Moonlight

MIGLIOR REGIA
Damien Chazelle per La La Land

MIGLIOR FOTOGRAFIA
Linus Sandgren per La La Land

MIGLIOR MONTAGGIO
John Gilbert per La Battaglia di Hacksaw Ridge

MIGLIOR SCENOGRAFIA
David Wasco e Sandy Reynolds-Wasco per La La Land

MIGLIORI COSTUMI
Colleen Atwood per Animali Fantastici e dove trovarli


MIGLIOR COLONNA SONORA
Justin Hurwitz per La La Land

MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
“City of Stars” da La La Land

MIGLIOR SONORO
Kevin O’Connell, Andy Wright, Robert Mackenzie and Peter Grace per La battaglia di Hacksaw Ridge

MIGLIOR MONTAGGIO SONORO
Sylvain Bellemare per Arrival

MIGLIORI EFFETTI VISIVI
Robert Legato, Adam Valdez, Andrew R. Jones e Dan Lemmon per The Jungle Book

MIGLIORI TRUCCO E ACCONCIATURE
Alessandro Bertolazzi, Giorgio Gregorini e Christopher Nelson per Suicide Squad

MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE
Zootropolis

MIGLIOR FILM STRANIERO
Il Cliente di Asghar Farhadi (Iran)

MIGLIOR DOCUMENTARIO
O.J.: Made in America

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO
The White Helmets

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
Sing

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO D’ANIMAZIONE
Piper

Fonte: oscars.org, oscars.go.com

Pubblicato da Giuseppe Causarano

Laureando in Storia, politica e relazioni internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Catania e giornalista cinematografico presso diversi siti e testate italiane, mi dedico da sempre alle mie più grandi passioni, il Cinema e la Musica (e in particolare le colonne sonore), che rappresentano i miei punti di riferimento personali. Tra i miei interessi anche i principali eventi internazionali dell'attualità, dello spettacolo, dello sport (soprattutto motori, calcio e ciclismo) e della cultura in generale.

11 pensieri riguardo “Oscar 2017, il triste “trionfo” della politica sul cinema in un’America confusa

  1. Messo che io sono contenta della vittoria di Moonlight, ma anche se avesse vinto La La Land l’avrei pensata allo stesso modo perché le trovo due pellicole interessantissime, la cosa della serata politicizzata mi è sembrata inevitabile. Solo che davvero, quello che è successo a fine maratona (perché mi sembra la definizione giusta visto quanto dura) è a dir poco imperdonabile. Così come si sono preoccupati di punzecchiare la politica avrebbero potuto dare un occhio in più all’organizzazione. Vergognosi.

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  2. Inoltre sì, al di là delle scelte effettivamente fatte, non l’ho mai sopportata sta cosa degli oscars so white né la sua controparte. Dovrebbero semplicemente giudicare il cinema per quello che è. Poi ok ci sono scontri nel loro paese, non lo nego che sia un problema, ma se vogliamo parlare di minoranze ci sono anche le altre etnie… che dovrebbero dire loro? vabbè.
    Vediamo che succede l’anno prossimo, spero si diano una regolata tutti quanti.

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    1. Condivido ciò che dici anche se, da grande fan di “La La Land”, non riesco a farmi una ragione del fatto che ci abbia rimesso un sacrosanto Oscar a Miglior Film per le trame politico/sociali che si aggiravano dietro questa edizione degli Academy Awards. E, a proposito di altre etnie: ricordi la battuta fuori luogo di Sean Penn quando annunciò l’Oscar alla regia per Inarritu? Vergognoso anche in quel caso…

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      1. Secondo me erano entrambi due contendenti molto interessanti per motivi diversi quindi l’ago della bilancia pende sempre in direzioni bizzarre per diversi fattori. Più vado avanti a seguire queste premiazioni e meno riesco a farmi un’idea concreta di come ragionino. Una volta usciti gli esiti riesco a farmi un’idea per i motivi che non avevo preso in considerazione prima. Del resto guarda anche l’anno scorso che film ha vinto, non li trovi volubili?
        Mi ricordo quell’uscita infelice…

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      2. Anche se personalmente ero proprio per l’Oscar a “Spotlight”, è evidente che non sia mai chiaro che tipo di logica utilizzino. Inoltre, leggendo altri commenti anche da vari esperti del settore, i membri dell’Academy sembra che siano per lo più fermi sulle proprie posizioni ogni anno e probabilmente, nel voler dare una “risposta” a Trump, quest’anno hanno forzato molte decisioni.

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      3. A me Spotlight era piaciuto ma senza esagerare, mi erano risultate più interessanti le prove attoriali, ma non mi aspettavo di vederlo vincere. The Revenant meritava ma una doppietta sarebbe stata davvero surreale XD
        Quest’anno per esempio, dopo tutto il casino, non mi è mai sembrato tanto telefonato il film straniero. Non l’ho visto The Salesman, lo vedrò per farmi un’idea.

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    1. Fermo restando che quella di Kenneth Lonergan per “Manchester by the sea” ha meritato altrettanto (come ho sottolineato nella mia recensione), a mio parere la linearità e il coraggio per quel finale avrebbero meritato l’Oscar per “La La Land” anche sulla sceneggiatura originale.

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