Oscar 2024, Christopher Nolan e il suo Oppenheimer scrivono la storia. E l’Academy ritrova sé stessa

Christopher Nolan Emma Thomas Oscars

Lo avevamo auspicato all’inizio della Awards Season dopo l’assegnazione dei rinnovati Golden Globe, l’abbiamo sperato nel periodo successivo con le altre premiazioni, è diventato realtà nella tanto attesa Notte degli Oscar: in questa novantaseiesima edizione degli Academy Awards ha vinto il grande Cinema, quello che ha reso la stagione 2023 per molti versi indimenticabile.

Finalmente Christopher Nolan!

Del resto, sarebbe stato difficile, per i quasi diecimila votanti dell’Academy, non insignire delle più importanti statuette un film praticamente perfetto come Oppenheimer, dodicesimo lungometraggio firmato da Christopher Nolan, il quale ha raggiunto ormai la piena maturità artistica proponendo un’opera dove l’eccellenza è di regola: la sua regia, il cast, il comparto tecnico. Un lavoro straordinario che ha raccolto il consenso del pubblico (960 milioni di dollari al botteghino internazionale), della critica e delle giurie di tutti i premi principali, culminando nel trionfo agli Oscar. Una lunga attesa per l’autore britannico, dopo oltre venti anni di carriera.

Steven Spielberg Christopher Nolan Oscars
Steven Spielberg consegna l’Oscar per la Miglior Regia a Christopher Nolan

Chi Vi scrive ha in Nolan il proprio regista preferito, e chi segue da anni questo sito lo sa bene; ma ciò non significa che, oggettivamente, non fosse arrivato finalmente il momento di riconoscergli la statuetta più ambita, data la capacità quasi unica di saper unire autorialità a grandi budget, producendo opere che hanno cambiato indubitabilmente il cinema contemporaneo. Si pensi alla trilogia del Cavaliere Oscuro, a Inception e a Interstellar, soltanto per fare alcuni esempi. Oppenheimer è certamente un film biografico, ma un biopic nello stile di Nolan: un dramma, un film storico e un thriller politico, che tratta un tema fondamentale nella società contemporanea come quello dell’utilizzo della bomba atomica e delle sue tragiche conseguenze. Come accadde nel 1945, quando gli Stati Uniti la sganciarono per due volte sul Giappone, ma come gli echi di guerra attuali fanno temere ancora una volta che possa verificarsi, da qualche parte nel mondo. Oppenheimer fu il direttore del progetto Manhattan, che tra il 1942 e il 1945 portò alla creazione dell’atomica, ma venne dilaniato dopo la fine del conflitto dal senso di colpa per quanto egli aveva realizzato. “Sono diventato morte, distruttore di mondi”, dirà di sé stesso, prima di finire sotto processo per le accuse (poi rivelatisi infondate) di aver condiviso informazioni con altre potenze concorrenti agli USA. La tragedia di Robert J. Oppenheimer, la cifra artistica altissima del film e l’attualità di quanto in esso narrato, hanno reso l’ultima fatica di Nolan la pellicola perfetta per gli Oscar, e l’Academy ha saputo cogliere l’occasione per far tornare il cinema protagonista.

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Il cast di Oppenheimer

Questo perché, se torniamo indietro all’edizione 2023, le sette statuette assegnate al già dimenticato Everything Everywhere All At Once – frutto di un’illusione collettiva – e una serie di altri premi discutibili, avevano probabilmente fatto toccare il punto più basso agli Oscar in novantacinque anni di storia. La credibilità dell’Academy era finita gravemente in discussione, proprio l’anno dopo del fattaccio Will Smith vs Chris Rock e dopo una serie di edizioni nelle quali certe scelte erano apparse del tutto sbagliate (basti citare la votazione di Moonlight come miglior film a discapito di La La Land). Ma dalle parti di Los Angeles qualcosa stava per cambiare: occorreva riavvicinare le persone al cinema, e non farle allontanare. Così, la massima istituzione cinematografica mondiale ha ritrovato la direzione da seguire, forse illuminata dallo sciopero di attori, attrici, sceneggiatori e maestranze di fine estate/inizio autunno scorsi, e già dalle nomination aveva dato dei segnali molto forti e decisi in tal senso. Il voto finale dei membri, stavolta, ha seguito la stella polare della Settima Arte, quella per cui le statuette sarebbero dovute andare solo alle eccellenze prese in considerazione nelle candidature, già frutto di un’attenta selezione, a differenza di quanto accaduto nel recente passato.

Oppenheimer ha così ricevuto sette Oscar: miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista (uno straordinario Cillian Murphy), miglior attore non protagonista (un altrettanto formidabile Robert Downey Jr.), miglior fotografia (Hoyte van Hoytema), miglior montaggio (Jennifer Lame) e miglior colonna sonora (Ludwig Göransson).

Emma Stone, la stella più splendente di Hollywood

Emma Stone Miglior Attrice Oscars
Emma Stone sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles

Dopo Oppenheimer, il film più premiato in questa novantaseiesima edizione degli Oscar è stato Povere Creature!, già Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia. La pellicola di Yorgos Lanthimos ha ricevuto le statuette per le migliori scenografie, i migliori costumi e il miglior trucco & acconciature, tre aspetti fondamentali nella bellissima opera del regista greco. Il premio più importante, però, è quello assegnato a Emma Stone, miglior attrice protagonista con la sua incredibile Bella Baxter. Un personaggio che Emma ha fatto proprio e ha amato con tutta sé stessa, tanto da farlo evolvere attraverso le varie fasi nel film, offrendo una prova d’attrice sensazionale. La sua Bella cambia almeno tre volte: nel periodo della conoscenza, nel periodo della consapevolezza e in quello della maturità. Un esempio estremamente originale di emancipazione e di autodeterminazione femminile, pur essendo Povere Creature! ambientato nell’epoca vittoriana di fine Ottocento.

Esso è forse ciò che non è riuscito a essere completamente Barbie, che affronta anch’esso il tema dell’emancipazione femminile ma rimanendo in superficie, senza riuscire ad addentrarsi in profondità come ha fatto la pellicola di Lanthimos. S’intende, non era una gara tra i due film, che sono usciti in momenti differenti dell’anno e hanno avuto riscontri molto diversi al botteghino (Barbie è stato per molti versi il fenomeno del 2023). Ma, a posteriori, nel momento in cui è stata stilata la lista delle candidature, non si è rimasti del tutto sorpresi se a prevalere sia stato proprio Povere Creature!, che si è poi confermato alla serata degli Oscar rispetto al film di Greta Gerwig, non candidata alla regia – come del resto Margot Robbie tra le attrici – ma solo, rispettivamente, come sceneggiatrice e produttrice.

Emma Stone 96th Oscars
Emma Stone nel ritratto ufficiale dell’Academy per i Premi Oscar 2024

A mettere tutti d’accordo è, però, proprio Emma Stone, che ha superato la concorrenza di Lily Gladstone (candidata per Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, rimasto senza alcun premio nonostante dieci nomination complessive) e di Sandra Hüller (candidata per Anatomia di una caduta) con una prova che è già di diritto nella storia del cinema. Per Emma è la seconda statuetta in carriera (su cinque candidature) ad appena 35 anni, con la quale bissa il trionfo che aveva ottenuto con La La Land nel 2017. Con questa affermazione, la Stone raggiunge diverse grandi attrici a quota due (tra cui Cate Blanchett e Jodie Foster) e si pone sulla scia delle interpreti a quota tre, ovvero Meryl Streep e Ingrid Bergman, mentre a quota quattro si trova Katharine Hepburn. L’età è dalla sua parte: potrebbe riuscire a raggiungere le più grandi stelle? Lei, in ogni caso, lo è già. Di quelle straordinariamente brillanti.

L’affermazione del cinema internazionale

Justine Triet Arthur Harari Oscars
Arthur Harari e Justine Triet premiati per Anatomia di una caduta

Si è detto spesso che gli Oscar non siano altro che una celebrazione del cinema americano. Il che è spesso vero, ma non di rado l’Academy si è concessa delle divagazioni: basti pensare a quante accadde con Parasite nel 2020, ma anche in altre occasioni. L’edizione 2024 ha decretato incontrovertibilmente l’internazionalizzazione degli Oscar, che non sono rimasti affatto insensibili al richiamo del cinema europeo e asiatico. Così, sono arrivate le candidature a miglior film de La zona d’interesse di Jonathan Glazer e di Anatomia di una caduta di Justine Triet (entrambi premiati a Cannes), che hanno ottenuto le statuette, rispettivamente, come miglior opera internazionale e per la sceneggiatura originale. La zona d’interesse ha addirittura concesso la doppietta, aggiudicandosi anche l’Oscar per il miglior sonoro, e non sarebbe potuto essere altrimenti, considerato l’utilizzo che Glazer, insieme a Tarn Willers e Johnnie Burn, ha fatto di questo strumento essenziale. Attraverso il suono, il regista ha rievocato la tragedia dell’Olocausto, che si consuma oltre un confine che non viene mai mostrato.

I premi a Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki (miglior film d’animazione) e a Godzilla Minus One (migliori effetti visivi) hanno restituito risalto anche al cinema nipponico, che è tornato protagonista agli Oscar con pieno merito.

Gli Oscar di quest’anno hanno, in definitiva, riconciliato il premio più importante con il cinema, quello più vero e non artefatto. Che questa sia la strada che l’Academy segua anche nell’immediato futuro, per garantire prosperità alla propria fondamentale istituzione e all’eccellenza del grande schermo. Quella che tutte le persone amano.

Da'Vine Joy Randolph, Cillian Murphy, Emma Stone, Robert Downey Jr. Oscars 2024
Da’Vine Joy Randolph, Cillian Murphy, Emma Stone, Robert Downey Jr.

96th Academy Awards, la lista dei vincitori

Miglior Film: Oppenheimer

Miglior Attore protagonista: Cillian Murphy per Oppenheimer

Miglior Attrice protagonista: Emma Stone per Poor Things

Miglior Attore non protagonista: Robert Downey Jr. per Oppenheimer

Miglior Attrice non protagonista: Da’Vine Joy Randolph per The Holdovers

Miglior Regia: Christopher Nolan per Oppenheimer

Miglior Film d’animazione: The Boy and The Heron

Miglior fotografia: Hoyte van Hoytema per Oppenheimer

Migliori costumi: Holly Waddington per Poor Things

Miglior documentario: 20 Days in Mariupol

Miglior documentario cortometraggio: The Last Repair Shop

Miglior montaggio: Jennifer Lame per Oppenheimer

Miglior Film internazionale: The Zone of Interest

Miglior trucco & acconciature: Nadia Stacey, Mark Coulier e Josh Weston per Poor Things

Miglior colonna sonora: Ludwig Göransson per Oppenheimer

Miglior canzone originale: “What Was I Made For?” di Billie Eilish e Finneas O’Connell da Barbie

Miglior scenografia: James Price, Shona Heath e Zsuzsa Mihalek per Poor Things

Miglior cortometraggio animato: War Is Over! Inspired by the Music of John & Yoko

Miglior cortometraggio: The Wonderful Story of Henry Sugar

Miglior sonoro: Tarn Willers, Johnnie Burn per The Zone of Interest

Migliori effetti visivi: Takashi Yamazaki, Kiyoko Shibuya, Masaki Takahashi e Tatsuji Nojima per Godzilla Minus One

Miglior sceneggiatura originale: Justine Triet, Arthur Harari per Anatomy of a Fall

Miglior sceneggiatura adattata: Cord Jefferson per American Fiction

La lista completa di premi e candidature è disponibile qui

Pubblicato da Giuseppe Causarano

Laureando in Storia, politica e relazioni internazionali presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Catania e giornalista cinematografico presso diversi siti e testate italiane, mi dedico da sempre alle mie più grandi passioni, il Cinema e la Musica (e in particolare le colonne sonore), che rappresentano i miei punti di riferimento personali. Tra i miei interessi anche i principali eventi internazionali dell'attualità, dello spettacolo, dello sport (soprattutto motori, calcio e ciclismo) e della cultura in generale.

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