Un film che sconvolge, coinvolge ed emoziona: parliamo di “Tre Manifesti a Ebbing, Missouri”, scritto e diretto da Martin McDonagh.
Ebbing, Missouri. Mildred Hayes (Frances McDormand) non ha ancora ricevuto una risposta a una domanda legittima e terribile: chi sia l’assassino che ha stuprato e ucciso sua figlia Angela, qualche mese prima. La polizia non ha indagato come avrebbe dovuto e non tanto per incapacità, quanto per inefficienza e poca voglia di arrivare davvero fino in fondo. Del resto, in città proliferano razzismo, discriminazione, violenza, e gli stessi tutori della legge non sono certo affidabili, come l’agente Jason Dixon (Sam Rockwell), un uomo rude, alcolizzato, sottomesso da una madre matrona e che sfoga tutta la sua rabbia repressa su chi ritiene più debole: nonostante lo sceriffo Bill Willoughby (Woody Harrelson), anch’egli allineato a quell’ambiente marcio ma in realtà uomo anche sensibile e migliore di quel che si creda, cerchi di riprenderlo. Vista la situazione, Mildred – separata dal marito e che vive col figlio Robbie (Lucas Hedges) – decide di affittare tre cartelloni pubblicitari dell’agenzia di Red Welby (Caleb Landry Jones), piazzati proprio ai bordi della strada che porta a casa sua, dove fa scrivere tre domande rivolte a Willoughby ma in realtà a tutta la comunità di Ebbing, la quale ha sempre sostenuto (a parole) la lotta di Angela ma che, dopo questa presa di posizione eclatante, le se ritorce contro. Per la donna inizia una battaglia senza quartiere, che porterà a esiti inaspettati…
Arcigno, a tratti insormontabile, come una montagna da scalare. Tre Manifesti a Ebbing, Missouri è un film che non risparmia nulla allo spettatore ma lo attrae, inevitabilmente, con una forza narrativa che non può lasciare indifferenti. È il racconto di una parte d’America che vive al limite tra violenza, razzismo e isolamento dal resto della società civile, e dove non c’è giustizia, non c’è speranza, ma solo disperazione. Ma c’è anche uno spazio, piccolissimo, per la redenzione e per la solidarietà tra dannati, come appiglio per il riscatto dall’ombra nella quale tutti i protagonisti dell’opera sono precipitati.
In un periodo in cui a Hollywood, e in tutto il mondo dello spettacolo statunitense, sembra essersi avviato un corto circuito (dal caso Weinstein in poi), e soprattutto dopo una Awards Season 2017 dove le logiche politiche prevalsero sui meriti cinematografici (con l’Oscar al mediocre e politicamente corretto Moonlight), un film come Tre Manifesti è un punto di ripartenza necessario. Ho personalmente ritrovato quel cinema americano diretto, deciso, che dice quello che vuole e lo fa senza porsi il problema, e soprattutto senza essere ruffiano o attendendo di ricevere un riconoscimento cercato.
Non v’è dubbio, in effetti, che durante la carica di un’amministrazione ultra-liberale come quella di Trump, dove i diritti delle minoranze, la questione sociale e il disagio delle classi medio-basse (specie negli Stati del Sud) sembrano argomenti abbandonati, un film come Tre Manifesti arrivi come un pugno in pieno volto, a ricordare come questi aspetti siano da tenere presenti. L’opera di McDonagh ha il piglio del western e delle storie di frontiera dove la legge non esiste e gli uomini regolano i conti tra di loro, e solo chi resiste avrà la meglio. A questo tono contribuisce in maniera determinante la colonna sonora di Carter Burwell, che nel suo stile dalle sonorità morbide, e delineate dalla varietà di strumenti utilizzati, racconta i vari momenti col giusto contributo. Il film viaggia sul filo della commedia nera e del dramma più intenso, spiazzando lo spettatore con sferzante ironia ed estrema durezza. Quando si entra però in questo particolare equilibrio, Tre Manifesti riesce a commuovere e a far riflettere, sfiorando tantissime tematiche. Si può comprendere come McDonagh abbia avuto in fase di scrittura grande accortezza e lucidità nel delineare la situazione, poiché è evidente come l’integrazione, il rispetto per il prossimo e per l’integrità morale e fisica altrui restino traguardi irrealizzabili, in un territorio come quello dove il film è ambientato. E vale non solo per il Missouri, ma per gran parte degli Stati Uniti, e del resto la cronaca non si discosta molto dall’immaginazione dell’autore britannico/irlandese, al suo terzo lungometraggio dopo In Bruges (2008) e Seven Psychopaths (2012).
Con qualche richiamo, come stile, sia al cinema dei fratelli Coen e, come già accennato, al western, in particolare quello crepuscolare degli anni ’60 e soprattutto di Sam Peckinpah, Tre Manifesti si evidenzia anche per la magnifica fotografia di Ben Davis e, naturalmente, per un cast eccezionale, dove spiccano le interpretazioni di Frances McDormand e Sam Rockwell, che hanno già vinto il Golden Globe e si avviano, e sono pronto a puntarci, verso i rispettivi Oscar. Il volto glaciale, ferito e pieno di rabbia di Mildred è quello di un’attrice che catalizza l’attenzione in ogni scena e non si piega di fronte alle avversità, allo sguardo impaurito del figlio o a quello carico d’odio dell’ex marito violento, ma che sa anche ritrovare un’umanità che sembrava non le appartenesse più. La parabola di Dixon è invece quella di un uomo che appare irrecuperabile, trincerato dietro la divisa da poliziotto in un’eterna adolescenza, e che dovrà cadere parecchio in basso per tentare la risalita. Cercando di trovare, così come Mildred, la luce, in fondo all’oscurità dell’esistenza.
Il voto di Ieri, Oggi, Domani
“Tre Manifesti a Ebbing, Missouri” è un film che torna a raccontare, con grande profondità, attraverso una sceneggiatura perfetta e un cast eccezionale, l’America di confine, dove violenza e razzismo hanno la meglio sulla giustizia e dove la speranza sembra non esistere.
La scheda del film
Tre Manifesti a Ebbing, Missouri (Three Billboard Outside Ebbing, Missouri), regia di Martin McDonagh – USA, Gran Bretagna 2017 – Drammatico
interpreti principali: Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, Lucas Hedges, Zeljko Ivanek, Caleb Landry Jones, Clarke Peters, Samara Weaving, John Hawkes, Peter Dinklage, Kathryn Newton, Kerry Condon
Soggetto e Sceneggiatura: Martin McDonagh
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: John Gregory
Scenografia: Inbal Weinberg
Costumi: Melissa Toth
Musica: Carter Burwell
Casting: Sarah Finn
Una presentazione Fox Searchlight Pictures e Film4, prodotto da Blueprint Pictures per 20th Century Fox Italia
Formato: a colori
Durata: 115′
Uscita USA: 10 Novembre 2017
Uscita Italia: 11 Gennaio 2018