All’Hungaroring la Ferrari conquista la quarta vittoria stagionale con Vettel e la terza doppietta, grazie anche a un Raikkonen secondo e molto determinato. Kimi avrebbe anche potuto vincere, perché il tedesco ha dovuto fare i conti con un problema tecnico sulla sua vettura che però non gli ha impedito di chiudere in testa la gara. Mercedes battuta: terzo Bottas, quarto Hamilton, col britannico che ha restituito il podio al finlandese dopo che a quest’ultimo era stato ordinato di farlo passare in precedenza. Ma quello dei giochi di squadra è stato un po’ il leitmotiv del Gran Premio.
Alla partenza Vettel mantiene la prima posizione, scortato da Raikkonen che lo appaia ma sulla traiettoria esterna, per poter incrociare alla prima curva mantenendo l’accelerazione migliore. Mentre Bottas conserva la terza posizione, Hanilton assiste allo scontro tra Red Bull alla curva-2, quando Verstappen frena in ritardo e sperona Ricciardo, costringendolo al ritiro. Lewis così è quinto, mentre l’olandese viene penalizzato dai giudici di gara con 10″ di stop, che sconterà poi alla sosta per il cambio gomme. La Ferrari scappa con entrambi i piloti che tirano fuori il massimo della prestazione dalle super-soft Pirelli (su un tracciato con una temperatura superiore ai 50°), mentre Hamilton è parecchio in difficoltà sulla mescola più morbida. Attorno al 25° giro, Vettel segnala però ai box che lo sterzo non gira bene, restando inclinato verso sinistra sopratutto in rettilineo: un problema non di poco conto che causa un rallentamento progressivo di Seb, che vede riavvicinarsi Raikkonen e le Mercedes. Il cambio gomme e il passaggio alle soft non risolve la questione, ma dal box Ferrari la scelta che viene presa a questo punto diventa pericolosa ma chiara: ovvero mantenere le posizioni e attendere l’assalto delle Frecce d’argento. Che, avendo già tentato l’undercut e più a loro agio sulle soft, si riportano in breve tempo alle spalle delle Rosse, ma ecco che Hamilton, scatenato sul ritmo gara in questa fase, chiede alla scuderia di poter passare Bottas. E, al 47° giro, il finlandese allunga la traiettoria in fondo al rettilineo principale, lasciando strada al compagno. Gioco di squadra su ordine dal muretto chiaro ed evidente, ma in effetti Lewis giunge dietro le Ferrari, pronto a sferrare l’attacco. Ma il circuito ungherese è noto per essere insidioso e angusto, con pochissimi punti dove tentare il sorpasso, e, inoltre, il disturbo aerodinamico è parecchio elevato per chi insegue. Hamilton infatti non riesce a portarsi mai in zona sorpasso, nonostante il distacco da Raikkonen sia spesso di poco superiore al secondo, mentre la Ferrari continua sulla sua linea, con Vettel che deve essere protetto, avendo l’occasione di recuperare parte dei punti perduti a Silverstone, anche se viene sacrificata la possibilità di far passare un Kimi in grande forma e con una vettura senza problemi tecnici. Ma il Cavallino vuole tutto il bottino e con il miglior risultato possibile. Vettel così gestisce, Kimi comprende e tiene allo stesso tempo il compagno concentrato e Hamilton dietro, diventando il riferimento cruciale della gara. Mentre Bottas si allontana (pur con la promessa dal box di eventuale restituzione della posizione se Hamilton non completerà la rimonta), le Ferrari danzano sulle curve di Budapest con Vettel che, negli ultimi 8 giri, ritorna ad avere un buon passo, avendo ormai preso le misure al problema dello sterzo e Raikkonen che allunga a sua volta sul britannico della Mercedes, che a 3 giri dal termine prova ad avvicinarsi sfruttando anche i doppiaggi ma non c’è nulla da fare. Vettel va a vincere con Kimi secondo, mentre Hamilton quasi passeggia all’ultimo giro per far passare, a pochi metri dal traguardo, Bottas, che può rasserenarsi per la restituzione della posizione. Quinto Verstappen, mentre Alonso, dopo aver dato spettacolo (specie in un sorpasso su Sainz) chiude sesto, miglior risultato stagionale di una McLaren ritrovata almeno in parte.
Il Gran Premio va, a mio parere, valutato su due aspetti.
Innanzitutto quello tecnico. La Ferrari, sfruttando un circuito sulla carta favorevole (come Monaco, anche se il discorso è relativo, poiché il Cavallino è stato competitivo anche su tracciati a carico medio-basso), ha portato degli sviluppi che hanno migliorato la vettura sia sul piano aerodinamico che della potenza, sfruttando meglio la Power Unit sia in qualifica che sul passo gara. Certamente meglio di quanto visto a Silverstone, e per la verità anche nelle gare precedenti, dove alle Rosse è mancato lo spunto vincente nonostante siano andate sempre a podio. E non è un caso se dalle libere del venerdì alle qualifiche del sabato il miglioramento sia stato di circa 2″4, più di tutti, a cominciare da Mercedes e Red Bull. Una macchina più ‘semplice’ da mettere a punto, e di conseguenza più ‘facile’ per i piloti da adattare al proprio stile, a differenza delle Frecce d’argento che, a partire da Toto Wolff e dagli stessi Hamilton e Bottas, hanno sempre ammesso di avere una velocità eccezionale ma anche una maggiore difficoltà nel trovare l’assetto, soprattutto sui circuiti cittadini (e non soltanto per il famoso ‘passo lungo’). Dopo la sfortuna avuta in Gran Bretagna, proprio in un gara dove la Mercedes sembrava tornata imbattibile, onore al merito al team di Maranello che ha reagito col lavoro in fabbrica e con i risultati in pista. Fino a qualche anno fa, la forza della Ferrari era spesso nello sviluppo durante la stagione e nei test che poi si svolgevano sui circuiti. Da quando anche la Formula 1 è divenuta più ‘virtuale’, assieme alla politica di riduzione dei costi, spesso a Maranello non hanno azzeccato la vettura in inverno e poi durante il campionato non si riusciva a migliorare. Ma, finalmente, la direzione è stata invertita.
Il secondo aspetto sul quale il GP d’Ungheria va valutato è quello che riguarda la competizione in pista. E, mai come in questa gara, è stato il Gran Premio delle squadre, nel bene e nel male.
In Ferrari, Raikkonen ha prima coperto Vettel alla partenza; poi, quando il tedesco lo ha distanziato, ha avuto improvvisamente la possibilità di poter andare a vincere, appena Seb ha palesato il problema allo sterzo. Ma la strategia della Ferrari, per quanto rischiosa, è stata chiara: se il Mondiale costruttori sembra più difficile da raggiungere (per quanto, sin dai tempi di Enzo Ferrari, è proprio il campionato marche il principale obiettivo del Cavallino), quello piloti è aperto e con Vettel ancora in testa, sebbene per un solo punto. Quindi, o tutto, o nulla: anziché sacrificare subito la posizione di Seb (che al massimo avrebbe potuto chiudere quinto procedendo mediamente tre decimi più lento degli altri), sfruttando il circuito angusto dell’Hungaroring, dove ci si può difendere anche quando si è in difficoltà, la Ferrari ha scelto di rallentare la corsa (non si è mai andati sotto il 1’20” a giro) tenendo davanti Vettel e con Raikkonen che, dopo aver inizialmente scalpitato, e a ragione, sapendo di poter vincere, ha capito che proteggere il compagno era la cosa più importante per la squadra. E così è stato. Ma per Kimi questo sia l’inizio di una nuova stagione: vederlo così feroce è uno spettacolo.
In Mercedes, invece, ha regnato la confusione. Quando, montate le soft, Hamilton ha iniziato a girare su tempi eccezionali, ha subito fatto pressione al box per far capire di averne già più di Bottas, in quel momento terzo davanti a lui: così, poco dopo è arrivato l’ordine per il finlandese di far passare il compagno. Eppure non era Hamilton che criticava la strategia Ferrari di Montecarlo (quando Vettel effettuò l‘undercut su Raikkonen che pure era al comando)? Quando poi Lewis non è riuscito, in più di 20 giri, a sorpassare alcuna delle Rosse, a iniziare proprio da un coriaceo Raikkonen, ha deciso… o gli hanno ordinato (ma chi, esattamente? Lauda o Toto Wolff? La questione è ancora poco chiara) di cedere di nuovo la terza posizione a Valtteri, che ringrazia. Strategia molto aggressiva che non ha pagato, ma non è che in Mercedes possano dar lezione su come (non) fare i giochi di squadra… Peraltro, la Formula 1 è spesso spietata, poiché i tre punti cui Hamilton ha rinunciato potrebbero anche mancargli a fine stagione. Penserete voi: magari non li avrebbe ottenuti perché sarebbe arrivato quarto, senza avvicendamento forzato con Bottas. Vero, ma è peggiore il buco, o la toppa?
Infine, in Red Bull si è consumato un nuovo capitolo della lotta tra Verstappen e Ricciardo. Il solito Max, che all’ennesima manovra oltre i limiti è stato penalizzato (ricordate nel 2016, sempre a Budapest, quando tentò di scagliare fuori pista Raikkonen, non incorrendo in alcuna sanzione?) e sarebbe il caso si desse una calmata anche per il futuro. Va bene il temperamento, ma insomma, poi si esagera: per farsi perdonare da lì in poi, allungando il primo stint e avendo soft più fresche nella seconda metà di gara, l’olandese ha tirato fuori una gran prestazione che però lo piazza solo quinto. Meglio del povero Ricciardo che in pista non è mai morbido con gli avversari, ma nella sfida con Max ne esce sempre male, dopo un campionato finora ottimo, considerando anche che la Red Bull non è stata mai più veloce di Ferrari e Mercedes. In questo caso, il gioco di squadra è un concetto più che lontano.
Adesso via ai test ufficiali per due giorni sempre in Ungheria, prima della pausa che porterà al prossimo appuntamento, il Gran Premio del Belgio di Spa-Francorchamps in programma il prossimo 27 Agosto.
2017 Formula 1 Pirelli Magyar Nagydíj – Round 11
Classifica della gara (prime posizioni)
Classifica Piloti (prime posizioni)
Classifica Costruttori
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