Vincitore del Leone d’Oro alla 74^ Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e candidato a 13 Premi Oscar: parliamo de “La forma dell’acqua – The Shape of Water”, film diretto da Guillermo Del Toro.
Stati Uniti, 1962. Siamo in piena Guerra Fredda e la corsa allo spazio è aperta, mentre i progressi in campo tecnologico proseguono inarrestabili. La lotta tra USA e Unione Sovietica è continua anche dal punto di vista scientifico ed è assolutamente incredibile il ritrovamento, da parte degli statunitensi, di una creatura marina (Doug Jones) dalla forma umana ma dalle sembianze assolutamente uniche. Chiusa in un laboratorio segreto ad alta sicurezza, dove a mantenere l’ordine è l’integerrimo Richard Strickland (Michael Shannon), il “mostro” viene osservato e studiato dal dottor Robert Hoffstetler (Michael Stuhlbarg). In quelle stanze enormi lavora anche Elisa (Sally Hawkins), una donna timida e riservata intrappolata, dal suo mutismo, in una vita di solitudine e che solo la compagnia dell’amico pittore e vicino di casa Giles (Richard Jenkins) riesce a rivitalizzare. Ma tutto cambia quando, insieme alla sua sfrontata collega Zelda (Octavia Spencer), scopre che la creatura marina possiede anche una notevole intelligenza e ha la capacità di provare dei sentimenti: un’anima sensibile come quella di Elisa non potrà che restarne affascinata, e sarà anche disposta ad aiutarlo, quando capirà che le intenzioni del governo statunitense verso di lui non fanno sperare per il meglio…
Bello da ammirare, ma forse non perfetto. La sensazione che lascia The Shape of Water è sia di stupore, per l’indubbia cifra tecnica e qualità visiva dell’opera, ma anche di occasione mancata, per una sceneggiatura non troppo efficace.
Gli elementi del film sono molto semplici: una storia d’amore del tutto straordinaria, la riflessione sul significato di “diverso” o “altro” da ciò che per la società è ritenuto “normale”, il concetto di sovrannaturale e quasi divino che trascende dalla comprensione degli esseri umani, che si dividono in buoni e cattivi. Partendo da qui, Guillermo Del Toro e Vanessa Taylor hanno sviluppato una scrittura senza dubbio interessante ma che non va oltre l’introduzione, tranne che per lo sviluppo del rapporto tra Elisa e la creatura marina (ispirata al Gill-Man de Il Mostro della Laguna Nera del 1954) che sorprende e colpisce nel segno: superare le barriere è possibile, specie nel mondo del fantastico: ciascuno di noi può essere speciale.
Una fiaba moderna, ambientata negli Stati Uniti di inizio anni ’60 dove la sfida su più piani contro l’Unione Sovietica sembrano non lasciar largo ai valori umani, e a godere delle piccole cose della vita. Quelle piccole cose delle quali è fatta l’esistenza della protagonista Elisa, apparentemente esclusa da una società così frenetica ma che, dotata di una delicatezza straordinaria, è anche l’unica a capire fino in fondo quello che per tutti è un “mostro”, ed è invece molto più umano di quanto si possa immaginare. La rappresentazione di un amore del tutto fuori da ogni schema, ovvero l’amore visto da Guillermo Del Toro, fa da leva a tutto il film. Il quale si caratterizza anche per la regia frizzante e sognante dell’autore messicano, che non manca di citare il cinema di fantascienza classico e in generale il grande schermo degli anni ’40 e ’50, proseguendo un percorso di riscoperta e valorizzazione delle origini di Hollywood e dintorni intrapreso negli ultimi anni da diversi autori.
A questo aggiungiamo un’ottima scenografia e degli effetti visivi fondamentali per la resa dell’opera la quale, però, si perde in fase di sceneggiatura, come dicevamo prima. Non è tanto la richiesta verso lo spettatore di dotarsi di un senso di incredulità necessaria per poterlo apprezzare, poiché da una fiaba bisogna lasciarsi trasportare completamente: ma alcune scelte di caratterizzazione dei personaggi, qualche caduta di stile, una direzione narrativa in stile noir non proprio originale e l’ambientazione storica nella Guerra Fredda, che appare superficiale e troppo stereotipata, vanno quasi a disturbare la magia che invece scaturisce da quell’amore puro come l’acqua. Un elemento indispensabile quest’ultimo, che avvolge prima la creatura misteriosa e poi la stessa Elisa, come se anche lei, per sopravvivere, avesse la stessa necessità di immergersi dentro di essa, che sia in un catino come in un’intera stanza. Peraltro, la chiarezza dell’acqua fa da contrasto a una fotografia che esalta i toni più scuri e cupi, in virtù anche del fatto che per la maggior parte del film le scene si svolgono al chiuso o in notturna: una scelta che sottolinea, a mio parere, quel contrasto che emerge tra la luce di un amore incredibile e l’oscurità di un’epoca ostile ai sentimenti.
Il voto di Ieri, Oggi, Domani
The Shape of Water è un bellissimo film dal punto di vista visivo ma presenta molto meno interesse sul piano narrativo, dove alle intenzioni non fa seguito, purtroppo, una sceneggiatura all’altezza. Un’opera non del tutto riuscita, ma comunque da apprezzare.
La scheda del film
La forma dell’acqua – The Shape Of Water (The Shape Of Water), regia di Guillermo Del Toro – USA 2017 – Fantastico, Drammatico
interpreti principali e ruoli: Sally Hawkins (Elisa Esposito), Michael Shannon (Richard Strickland), Richard Jenkins (Giles), Doug Jones (la creatura marina), Michael Stuhlbarg (dr. Robert Hoffstetler), Octavia Spencer (Zelda), Lauren Lee Smith (Elaine Strickland), Nick Searcy (Generale Hoyt), Dru Viergever, David Hewlett, Stewart Arnott, Nigel Bennett, Martin Roach, Allegra Fulton
Soggetto e Sceneggiatura: Guillermo Del Toro, Vanessa Taylor
Fotografia: Dan Laustsen
Montaggio: Sidney Wolinsky
Scenografia: Paul D. Austerberry
Costumi: Luis Sequeira
Musica: Alexandre Desplat
Casting: Robin D. Cook
Una presentazione Fox Searchlight Pictures, prodotto da Double Dare You, Bull Productions per 20th Century Fox Italia
Formato: a colori
Durata: 123′
Uscita USA: 22 Dicembre 2017
Uscita Italia: 14 Febbraio 2018
Credits: 20th Century Fox
sono d’accordo con il tuo giudizio diciamo tiepido…
penso che il Leone d’oro sia stato un riconoscimento un po’ eccessivo per questo film, così come il fatto che abbia preso 13 nomination…
ma a mio avviso ne vincerà meno di Tre manifesti…
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Eh sì, credo che all’Academy abbiano preso un grande granchio (a proposito di creature marine 😀 ) e tutto questo clamore della critica sia davvero esagerato per un film con molta forma (che comunque, va bene) ma poca sostanza, purtroppo.
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