Il cinema è spesso fonte di dibattito: può animare il pubblico e la critica, e a volte il successo di un film può essere determinato dal passaparola che intercorre tra gli spettatori, in particolare nei primi giorni dopo l’arrivo in sala (o su una piattaforma). Quello che, però, può anche accadere, è che le recensioni e le opinioni non siano positive, e questo danneggi un film, anche quando in realtà quella determinata opera varrebbe un riscontro superiore, sia in termini di gradimento che di incassi al botteghino. È, certamente, quello che si sta verificando con Joker: Folie à Deux.
Una pesante eredità

Arrivato nelle sale italiane il 2 ottobre scorso e in quelle internazionali il 4 ottobre, il sequel del Joker del 2019 (del quale avevamo parlato qui a suo tempo) sta ottenendo risultati al di sotto delle aspettative sul piano strettamente commerciale: mentre scriviamo, siamo arrivati oltre quota 6 milioni di euro in Italia, 47 milioni di dollari negli Stati Uniti e oltre 120 milioni a livello mondiale, a fronte di un budget iniziale di 190 milioni per la produzione del film. Numeri ovviamente ancora destinati a crescere (tanto al botteghino quanto nel successivo mercato home video), ma sarà già significativo se Warner Bros. Pictures riuscirà a mettersi in pari rispetto a quanto speso, tanto per la realizzazione quanto per la promozione del film.
Ciò che veramente pesa è il raffronto con il primo capitolo, che era arrivato a quota 1,063 miliardi di dollari al botteghino e ha aggiunto altri 56 milioni con l’home video. Un successo planetario che, però, si sapeva sarebbe stato difficile da replicare. Joker aveva vinto il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia, ebbe enormi elogi dalla critica e usufruì di un grande passaparola tra il pubblico, oltre a godere di un effetto sorpresa per essere un cinecomic solo sulla carta, quindi un unicum nel panorama affollato dei cinefumetti Marvel e DC Comics che avevano caratterizzato lo scorso decennio. La domanda che ci si deve porre a questo punto è: Joker: Folie à Deux è migliore o peggiore del suo predecessore? Ma, soprattutto, merita (per così dire) l’insuccesso, o non è stato (ancora) pienamente compreso e apprezzato come dovrebbe?
Ci si è chiesti, sin dall’annuncio del secondo capitolo, se fosse necessario realizzare un sequel di Joker e della storia di Arthur Fleck, che appariva perfettamente conclusa già con il primo film. In effetti, tanto Todd Phillips quanto Joaquin Phoenix (che vinse l’Oscar nel 2020 per la sua eccezionale interpretazione) non sembravano del tutto persuasi dell’opportunità di dare continuità a quanto avevano realizzato, ma sappiamo anche quello che spesso accade negli studios delle grandi major, che non si lasciano mai sfuggire l’opportunità di realizzare profitti quando possibile. Così, Phillips e Phoenix hanno abbracciato il progetto del sequel e, per regalare un tocco di novità davvero unico, è stata coinvolta anche un’artista straordinaria quale Stefani Joanne Angelina Germanotta, ovvero Lady Gaga. A quel punto, la strada era tracciata: forse inevitabile realizzare un musical, avendo una cantante di questo calibro nel cast.
Non sparate sul “pagliaccio”

L’idea, però, non ha incontrato il gradimento che ci si attendeva fin dalla presentazione della missione Joker 2. Specialmente in Italia, abbiamo un problema aggiuntivo: un’allergia ingiustificata verso il musical, che porta spesso a respingere senza pensarci troppo film invece estremamente importanti. Accadeva in passato, accade tutt’ora, le eccezioni gradite sono veramente poche (certamente La La Land nell’ultimo decennio, ma quello di Damien Chazelle è un capolavoro universalmente riconosciuto).
La storia di Joker: Folie à Deux ha inizio esattamente da dove si era concluso il primo capitolo. Arthur Fleck è rinchiuso nell’Arkham State Hospital, dove è in precarie condizioni fisiche, viene malmenato e imbottito di farmaci, e tutti i poliziotti che lo sorvegliano pretendono che racconti loro ogni giorno una barzelletta diversa, forse per esorcizzare la paura che continua a incutere. Ma Fleck, dentro di sé, non sembra più l’efferato assassino di Murray Franklin e di altre cinque persone: la parte di sé stesso che avrebbe voluto essere soltanto compresa e apprezzata per le sue qualità artistiche è però schiacciata dalla sua ombra, violenta e dominante, ed è quest’ultima a prevalere ogni volta. Ma per Arthur sembra arrivare una possibilità, inattesa: una ragazza, Harleen “Lee” Quinzel, lo avvicina durante un corso di musicoterapia che Fleck si era guadagnato per buona condotta e, tra i due, scocca immediatamente la fiamma della passione. Lui vede in lei una salvezza insperata, lei vede in lui un simbolo in grado di scatenare una rivoluzione, non credendo più alla società cui è appartenuta finora. Ma mentre il processo nel quale Arthur sarà imputato sta per cominciare, l’esistenza di Fleck subisce scossoni imprevedibili, tra realtà e immaginazione.

E l’immaginazione è caratterizzata proprio dai numerosi momenti musicali nei quali Joaquin Phoenix e Lady Gaga sfoderano le loro magistrali interpretazioni. Sono in tutto sedici gli intermezzi artistici (dei quali parliamo qui) che compongono la colonna sonora del film. Quindici sono cover di brani storici del passato, riarrangiati e adattati allo stile dei due attori (in particolare del talento naturale di Gaga e dell’inclinazione di Phoenix, che torna a cantare dopo averlo già fatto in Quando l’amore brucia l’anima – Walk The Line), uno è invece un inedito (intitolato proprio Folie à Deux) prodotto, scritto e interpretato dalla cantautrice newyorkese, che ha peraltro affiancato alla soundtrack del film un progetto complementare e parallelo, ovvero l’album Harlequin, composto da tredici brani (undici cover e due inediti, la già citata Folie à Deux e Happy Mistake) attraverso i quali Lady Gaga fa proprio lo spirito dell’intero progetto Joker 2. Alla colonna sonora principale va ovviamente aggiunta la partitura di Hildur Guðnadóttir, che ricalca molto le sonorità già proposte nel primo capitolo (che era valso l’Oscar alla compositrice islandese) e le amplia con altrettanta maestria. Inoltre, Guðnadóttir ha contribuito agli arrangiamenti di alcune delle cover cantate da Phoenix e Gaga.
È dunque evidente come, oltre a un cast attoriale e tecnico (basti citare anche soltanto la fotografia di Lawrence Sher) di prim’ordine, Joker: Folie à Deux sia impreziosito da una cifra artistica eccezionale, sia nei momenti musicali che nelle sequenze drammatiche. Nel primo capitolo, Todd Phillips raccontava la rabbia di Arthur Fleck, fino al punto di non ritorno. Stavolta, essa lascia spazio alla sofferenza e alla solitudine, due stati d’animo che pervadono Fleck. L’incontro con Lee è, per lui, una magnifica illusione. Dunque, a ben vedere, Phillips non ha disconosciuto il primo film e il suo Joker: ha, più semplicemente, osservato l’altra metà della luna, evitando il rischio di esaltazione degli efferati crimini di Fleck (sebbene vi fosse, inutile negarlo), ma piuttosto approfondendo la personalità del protagonista, che altro non è che un reietto della società rappresentata nella Gotham degli anni Ottanta.
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Un’altra chiave di lettura è possibile

Certo, è stato anche scritto e detto da più parti che il Joker di Todd Phillips non c’entri nulla con i fumetti DC Comics e che Warner Bros. Pictures ne fosse consapevole. E qui è montata la polemica sulla strada che il regista avrebbe preteso di intraprendere rispetto al nuovo corso avviato da James Gunn di una rivisitazione dei cinecomic Warner/DC, e del mantenimento di una libertà creativa rispetto ai canoni ufficiali. In effetti, se Joker già non era così rispettoso della tradizione, Joker: Folie à Deux lo è ancora meno, anzi praticamente per niente. Perché allora fregiarsi del marchio “Joker”?
Semplicemente perché ha senso: era stato così nel primo capitolo, è così nel sequel. Una realtà alternativa funzionale a un racconto che Todd Phillips e il co-sceneggiatore Scott Silver hanno voluto proseguire, senza voler per forza offendere gli appassionati dei fumetti o sovvertire la storia dell’universo di Batman. Era già logico farlo per il primo film, ma forse è corretto ribadire un concetto: il Joker di Phillips si può, e forse si deve, leggere da una diversa angolazione rispetto a quanto si farebbe per un normale cinecomic.
L’aspetto della riflessione sociologica e politica è, a parere di chi Vi scrive, quello su cui si dovrebbe porre maggiormente, se non esclusivamente, l’attenzione. Arthur Fleck, lo accennavamo in precedenza, è un uomo respinto dalla società. Dapprima rivendica con la violenza il ruolo che non gli era stato mai assegnato; adesso, nel nuovo capitolo, non ha più la forza di reagire, se non a tratti e soltanto perché spinto da una donna che in lui vede il personaggio, ma non la persona che si nasconde dietro la maschera, con tutti i suoi limiti. Dopo le sue malefatte narrate in Joker, Fleck aveva scatenato la rivolta sociale a Gotham, sobillando i disperati, gli ultimi della classe, i folli e i criminali, scartati all’interno di una metropoli dove non esistono regole, il ricco è sempre più ricco e il povero è condannato all’oblio (e il parallelismo con la società occidentale contemporanea e, in particolare, quella americana, non può non essere evidente). Adesso, almeno secondo Lee, Arthur sarebbe ancora in grado di provocare una tempesta delle stesse dimensioni, se non superiori, anche perché fuori dalle mura di Arkham la situazione non è affatto cambiata; ma è Fleck a non avere più le motivazioni per andare dietro a quella scia di violenza e anarchia, perché egli non è altro che una persona provata, forse pentita, certamente amareggiata da un’esistenza senza più alcun significato.
È una triste considerazione, ma Joker: Folie à Deux è soprattutto la parabola tragica di un uomo qualunque, destinato alla disperazione dalla sua duplice personalità e dal contesto a sé circostante, che lo ha portato alla distruzione. Todd Phillips, però, ha dato una possibilità ad Arthur Fleck: alleviare la sofferenza con la musica. Ecco perché ogni numero artistico nel quale Fleck canta, da solo o con Lee accanto (che esiste soprattutto in funzione del personaggio mascherato, non di Arthur come persona) rappresenta un momento di fuga dal tormento, proprio come racconta il brano The Joker. Un pezzo che, nel suo testo, racchiude la rabbia e la tristezza di un individuo visto da tutti come un giullare e un comico soltanto quando fallisce, e questo gli provoca un grande patimento. Egli, però, non potrà che accettare il proprio destino, perché in ogni società qualcuno si trova in quella stessa situazione.
Joker: Folie à Deux è un film che ha dunque molto da raccontare al pubblico. Basta solo saper cogliere gli aspetti di un’opera che avrà anche dei difetti, ma che è stata realizzata con passione e dedizione. Se non adesso, sull’onda di critiche ingenerose e spesso fuori obiettivo, siamo certi che con il tempo verrà inevitabilmente riconosciuta come una pellicola di grande rilevanza.